Pompe Turbomolecolari

Pompe Turbomolecolari

Le pompe turbomolecolari sono una delle parti più iconiche di un impianto di deposizione in vuoto. Il loro aspetto evoca la struttura di un turbocompressore del tipo utilizzato nei motori degli aerei commerciali a reazione (turbofan).

Pompe Turbomolecolari Pompe Turbomolecolari

Osservando le immagini, si nota la chiara similitudine nella forma delle due macchine, che può portare a pensare che il principio di funzionamento, nei due casi, sia lo stesso. D’altra parte, in un caso si tratta di comprimere l’aria sino a portarla alla pressione adatta ad essere utilizzata nella camera di combustione (turbofan), mentre nell’altro i gas presenti nella camera di deposizione devono essere compressi sino a raggiungere una pressione gestibile dalla pompa di backing (pompa turbomolecolare). Quindi, il principio di funzionamento sarà lo stesso, giusto? Non proprio!

Le palette presenti nel compressore di un turbofan hanno, in sezione, un profilo alare. Ruotando, esse, trasferiscono energia al fluido sfruttando il fatto che l’aria, nell’intervallo di pressione gestito da queste macchine, si comporta come un fluido viscoso. Ciò significa, in sostanza, che le molecole di gas che la compongono sono presenti ad un valore di densità tale che sono in grado di interagire le une con le altre, ad esempio tramite urti. D’altra parte, alla pressione di 1 bar, un centimetro cubo di aria contiene la bellezza di 2.7x1019 molecole! I compressori di questo tipo sfruttano proprio questa forte interazione tra molecole per trasferire l’energia meccanica necessaria al fluido.

In una pompa turbomolecolare, le palette che si affacciano sulla camera a vuoto ruotano ad alta velocità in un ambiente nel quale la pressione è, in genere, compresa nell’intervallo 10-6 ÷ 10-9 mbar. A queste pressioni, la densità del gas è inferiore, rispetto a quella atmosferica, di un fattore che va da un miliardo a mille miliardi di volte. In queste condizioni, gli urti tra molecole sono ancora possibili, ma molto più rari: il cosiddetto cammino libero medio, per ciascuna di esse, va da circa 100 m a 100 km. Ciò significa, in buona sostanza, che una molecola può statisticamente percorrere la distanza indicata senza incontrarne altre: data la dimensione tipica delle camere a vuoto, si può dire quindi che tutte le molecole presenti nell’ambiente di lavoro, al valore di pressione base, subiscono urti solo contro le pareti della camera e le altre parti solide presenti, senza -in pratica- collidere mai tra loro. In queste condizioni, un pompaggio di tipo viscoso, come quello adottato nei turbofan, è sostanzialmente impossibile: non ci sarebbe nessuna trasmissione di energia tra molecola e molecola e l’effetto viscoso risulterebbe pari a zero. La prima conseguenza è che è totalmente inutile realizzare le palette della pompa turbomolecolare con un profilo alare: ed infatti, esse hanno in genere una sezione piatta o triangolare, con un certo angolo di incidenza.

In questo caso, le palette, ruotando, funzionano come delle racchette da ping-pong: il loro ruolo è trasferire momento alle molecole “colpendole” ad alta velocità: tale momento, data la configurazione delle palette e la loro direzione di rotazione, imprime alle molecole urtate una componente di velocità con direzione e verso orientati verso la zona di scarico.

Il gas presente, a questi valori di pressione si comporta come un gas perfetto: la teoria cinetica dei gas ci dà precise indicazioni riguardo alla distribuzione di velocità delle molecole presenti, in funzione della loro massa (e quindi della specie chimica considerata) e della temperatura. A 300 K (più o meno il valore di temperatura ambiente), tale distribuzione è la seguente:

Pompe Turbomolecolari

Si può notare che la velocità media cresce al diminuire della massa della molecola considerata, ed è massima per gas leggeri come l’idrogeno. Ora, consideriamo una pompa turbomolecolare dotata di palette che, alla sezione d’ingresso, hanno un raggio di 200 mm, operanti alla velocità di rotazione di 50.000 giri/minuto. La velocità tangenziale, in prossimità della punta di una paletta è pari a circa 1.046 m/s, dello stesso ordine di grandezza della velocità media delle molecole presenti. Questo è il motivo per cui le pompe turbomolecolari devono operare ad altissime velocità di rotazione: le palline da ping-pong che devono colpire sono altrettanto veloci! Anzi, le più piccole tra esse (l’elio e l’idrogeno) sono così veloci che le nostre “racchette” fanno fatica a gestirle: per questo motivo queste specie gassose sono quelle più difficili da asportare in una camera a vuoto, se si utilizza una pompa turbomolecolare. Nel caso in cui siano presenti rilevanti quantità di questi gas, o qualora si volesse raggiungere un vuoto base molto spinto (ad es. 10-9 mbar) in tempi ragionevoli, è quindi più conveniente ricorrere ad altri dispositivi di pompaggio (ad es. pompe criogeniche o pompe ioniche).

Conclusioni

Anche se le pompe turbomolecolari e i compressori assiali hanno una forte similitudine geometrica, il loro principio di funzionamento è profondamente diverso. Nel caso delle pompe turbomolecolari, il regime di flusso è di tipo molecolare, e quindi i principi costruttivi devono essere basati sullo studio della teoria cinetica dei gas, anziché su quella del moto viscoso di un fluido.