L’obiettivo di questo breve tutorial è definire quali materiali sono trattabili mediante processi di deposizione in alto vuoto. Questo è un tema importante per chi si approccia per la prima volta ai processi di deposizione, pensando magari di applicarli ai propri prodotti.
L’analisi di fattibilità di un processo di deposizione in vuoto applicato ad uno specifico prodotto, presenta molti aspetti. Ad esempio: qual è l’obiettivo dal punto di vista tecnico? Il processo di deposizione in vuoto, è sostenibile dal punto di vista dei costi? È possibile raggiungere la produttività richiesta e, se sì, con quale tipologia di impianto? È preferibile rivolgersi ad un coating center, o è più conveniente pensare di portare il processo in casa?
Tra tutte queste domande, a cui l’ufficio tecnico aziendale, in collaborazione con un partner specializzato in processi di deposizione in vuoto è chiamato a rispondere, ce n’è una fondamentale, che un’azienda dovrebbe porsi inizialmente: l’oggetto che voglio rivestire, può effettivamente essere posto in una camera a vuoto e subire un processo di deposizione?
La risposta a questa domanda è piuttosto complessa, comprendendo a sua volta diverse questioni: dimensioni dell’oggetto, posizione delle superfici da rivestire, compatibilità dei materiali costituenti l’oggetto stesso con l’ambiente di lavoro ed i processi utilizzati: focalizzeremo l’attenzione su quest’ultimo aspetto.
Un approccio sistematico a questo problema può essere impostato partendo da una classificazione generale dei materiali utilizzabili per la realizzazione di un prodotto o di un componente facente parte di un prodotto. In un caso abbastanza generale, possiamo quindi distinguere tali materiali in materiali metallici, materiali ceramici e materiali polimerici: analizziamo separatamente ciascuna di queste categorie.
Materiali metallici
Se il prodotto/componente da rivestire è costituito da un materiale metallico (metallo puro o lega), la situazione è tendenzialmente favorevole rispetto ai processi di deposizione in vuoto. In genere, infatti, tali materiali presentano una buona compatibilità con l’ambiente UHV (Ultra High Vacuum) presentando valori di outgassing -ovvero rilascio di sostanze volatili- relativamente basso. Naturalmente, le superfici metalliche dovranno essere preventivamente pulite, eliminando tracce di contaminanti -ad esempio oli e grassi- che potrebbero compromettere l’adesione del film depositato e creare problemi nel raggiungimento del vuoto base e nel mantenimento della pressione di lavoro. Tuttavia, le tecniche di pulizia disponibili a livello industriale sono efficaci e consolidate, per cui il relativo rischio tecnologico risulta essere basso. Inoltre, qualora sia richiesta la deposizione del film sottile direttamente sul substrato metallico, quasi tutti i materiali metallici dovranno essere trattati in camera a vuoto con dei processi preliminari (ad es. sabbiatura ionica), per eliminare lo strato di ossido superficiale presente.
Dal punto di vista dell’adesione del film sottile, un substrato metallico presenta potenzialmente ottime caratteristiche, possedendo un’elevata energia superficiale -che è correlata alla forza di adesione- ed essendovi la possibilità di riscaldare il substrato per favorire la ristrutturazione del materiale depositato senza che ciò comporti problemi al substrato stesso, purché si operi entro un intervallo di temperatura compatibile con le caratteristiche della lega considerata.
Inoltre, l’elevata conducibilità elettrica dei materiali metallici consente di evitare facilmente fenomeni di accumulo di cariche elettrostatiche, facilitando la gestione del processo di deposizione.
In generale, quindi, si può dire che i substrati metallici sono ottimi candidati per la deposizione di film sottili mediante quasi tutti i processi PVD (Phisical Vapour Deposition) e CVD (Chemical Vapour Deposition), quali -ad esempio- evaporazione termica, magnetron sputtering, cathodic arc deposition, MOCVD, ALD, ecc.
Tra le limitazioni da segnalare, ce ne sono alcune significative. Ad esempio: i manufatti realizzati mediante tecniche di colata (ad es. pressofusione) possono presentare difetti quali criccature e porosità che possono causare problemi di degasaggio. Alcune leghe metalliche possono presentare uno strato di ossido superficiale la cui rimozione potrebbe risultare troppo lunga e complessa qualora ciò fosse richiesto. Bisogna inoltre tenere in considerazione la differenza nel coefficiente di espansione termica del substrato considerato rispetto al film depositato, possibile causa di insorgenza di tensioni residue, ecc. Pertanto, pur essendo tipicamente la compatibilità di un substrato metallico con le tecniche di deposizione a film sottile molto buona, ogni caso va analizzato separatamente.
Materiali ceramici
Analogamente al caso dei materiali metallici, anche i materiali ceramici presentano generalmente un’ottima compatibilità coi processi di deposizione in vuoto di film sottili. In particolare, l’elevata temperatura di fusione di tali materiali, la loro energia superficiale relativamente elevata ed il basso livello di degasaggio li rendono materiali ideali per la maggior parte dei processi di deposizione PVD e CVD.
In genere, i materiali ceramici possono essere riscaldati a temperature pari all’80-90% della loro temperatura di fusione senza subire trasformazioni strutturali irreversibili e la loro superficie può essere pulita meccanicamente o chimicamente in modo rapido ed efficace, garantendo -da questo punto di vista- elevati livelli di adesione dei film depositati.
Fanno eccezione a quanto detto alcune tipologie di materiali ceramici, principalmente a causa della loro struttura, che può essere caratterizzata ad esempio da un elevato livello di porosità. In questi casi, potrebbero subentrare problemi di eccessivo degasaggio, che potrebbero rendere il processo difficoltoso o antieconomico.
Materiali polimerici
Sono materiali che rientrano spesso tra i candidati per un processo di deposizione in vuoto, ad esempio per applicazioni nel settore del packaging, per applicazioni ottiche (lenti per occhiali da vista, ecc.), per impieghi aerospaziali, ecc. Pertanto, è spesso richiesta una valutazione di compatibilità con l’ambiente UHV o con i processi di deposizione considerati. Da questo punto di vista, vanno considerati diversi aspetti:
Per questi (ed altri) motivi, la compatibilità di un materiale polimerico con un processo di deposizione di un film sottile in ambiente UHV risulta essere di problematica definizione, richiedendo spesso una serie di studi preliminari. Ciò anche per mettere a punto i parametri di processo ed ottenere i migliori risultati possibili.
Naturalmente, aldilà della classificazione presentata, esistono anche altre tipologie di materiali che non rientrano tra quelli descritti. Ad esempio, alcuni materiali composti da più fasi sono di rilevante interesse per quanto riguarda la deposizione di film sottili: un esempio è il widia, composto da una matrice di cobalto (materiale metallico) nella quale sono disperse delle particelle di carburo di tungsteno (materiale ceramico), materiale tipicamente utilizzato per la produzione di utensili da taglio. In questi casi, l’analisi di compatibilità può essere effettuata certamente considerando le caratteristiche delle singole fasi, ma -in generale- è prudente considerare anche le possibili interazioni tra le fasi stesse.
Un’altra categoria di materiali che non rientrano nella classificazione proposta sono i vetri. Si tratta di materiali molto utilizzati come substrati nella deposizione di film sottili, sia ovviamente perché si tratta di materiali otticamente trasparenti, sia per la loro ottima compatibilità con l’ambiente UHV e con praticamente tutte le tecniche di deposizione. Ciò in virtù dell’alta temperatura che essi sono in grado di tollerare, del basso valore di rugosità superficiale con cui il vetro può essere prodotto, della facilità con cui può essere ottenuta una superficie priva di contaminazione e del favorevole valore dell’energia superficiale.
Conclusioni
Analizzare la possibilità di applicare un trattamento di deposizione di un film sottile sulla superficie di un prodotto è un processo di analisi complesso. Uno dei primi passi è definire la compatibilità dei materiali con cui il prodotto è realizzato con l’ambiente UHV e con i possibili processi di deposizione. In questo breve tutorial sono state riportate alcune considerazioni generali che possono consentire di impostare un’analisi sulla base di una semplice classificazione dei materiali.