Se vi è capitato di vedere una macchina per trattamenti in vuoto, vi sarete accorti che la camera nella quale la lavorazione viene eseguita e buona parte del resto dell’impianto è stato realizzato in acciaio inossidabile. Lo stesso discorso vale per gli strumenti scientifici operanti in condizioni di vuoto: il volume nel quale le operazioni vengono effettuate è quasi sempre racchiuso da una camera in acciaio inox.
Ma perché, in queste particolari applicazioni scientifiche e tecnologiche, si utilizza proprio questo materiale? Quali sono i vantaggi che esso offre (e quali gli eventuali svantaggi)?
Possiamo iniziare chiarendo innanzitutto quando un acciaio può essere considerato inossidabile. Come è noto, l’acciaio è una lega del ferro, contenente percentuali più o meno rilevanti di carbonio, ed eventualmente altri elementi in lega che sono in grado di modificarne le proprietà rendendole adatte a ciascuna applicazione nella quale il materiale può essere impiegato.
L’acciaio al carbonio, se esposto ad un ambiente contenente tracce di umidità, come è noto si ossida, formando quella che viene comunemente chiamata ruggine. Si tratta, in sostanza di un processo elettrochimico spontaneo che tende a portare il ferro contenuto nella lega nel suo stato termodinamicamente più stabile: l’ossido. La ruggine, infatti, presenta spesso la tipica colorazione bruno-rossastra dell’ossido ferrico (anche noto come Ematite). Naturalmente, l’ossidazione dell’acciaio al carbonio -che è un problema per quanto riguarda la durata dei manufatti con esso costruiti- può essere contrastata in vari modi: zincatura, verniciatura, impiego di anodi sacrificali, ecc.
Tra le varie possibilità, ce n’è una molto interessante per diverse applicazioni industriali e che risale ad un’invenzione degli inglesi Woods e Clark, i quali nel 1872 brevettarono una lega di ferro contenente il 35% in peso di cromo e resistente agli acidi. L'industrializzazione di questa invenzione, tuttavia, avvenne soltanto qualche decennio più tardi, quando Harry Brearley di Sheffield, nel 1913, nel corso di una sperimentazione riguardante acciai per canne di armi da fuoco, scoprì che un suo provino di acciaio con il 13-14% di cromo e con un tenore di carbonio relativamente alto (0,25%) non si arrugginiva quando era esposto all'atmosfera.
Gli studi metallurgici compiuti per determinare l’origine di questa rilevante proprietà condussero ad una conclusione: l’inossidabilità di queste leghe deriva dalla formazione spontanea, sulla loro superficie, di un sottile strato di ossido di cromo, detto strato passivante. Lo spessore di questo film è molto piccolo, essendo normalmente inferiore ai 5 nm (per dare un’idea, equivalenti ad un centinaio di atomi), e la sua struttura è molto compatta e particolarmente priva di difetti. Inoltre, nel caso in cui questo film dovesse essere danneggiato meccanicamente, esso ha la fantastica proprietà di rigenerarsi spontaneamente e velocemente.
Si tratta, quindi, di una specie di vernice perfetta, dotata di elevatissima adesione al materiale sottostante e di capacità self-healing. Inoltre, essa è altamente protettiva per quanto riguarda i fenomeni corrosionistici. Tale vernice si forma grazie all’ossidazione del cromo presente nella lega, il quale funge quindi da materiale sacrificale per rendere il manufatto non più attaccabile dalla corrosione.
Un altro risultato importante degli studi compiuti è stata la determinazione della minima quantità di cromo libero (ovvero, non legato al carbonio come carburo di cromo) necessario affinché la passivazione sia completa ed efficiente: questa soglia critica è intorno al 10.5%. Possiamo dire quindi che tutti gli acciai con un tenore di cromo libero in lega superiore al 10.5%, possono essere definiti acciai inox. Normalmente, per vari motivi, risulta preferibile utilizzare percentuali di cromo leggermente superiori al valore indicato, normalmente comprese tra il 12% e il 17%.
Un’ulteriore scoperta, frutto delle ricerche effettuate, riguarda il fatto che gli acciai inossidabili sono non solo resistenti alla corrosione a umido, ma anche, in una certa misura e sino a determinati valori di temperatura, anche alla corrosione a caldo.
A questo punto, ci si potrebbe chiedere perché -date le eccezionali proprietà appena elencate-, gli acciai inossidabili non abbiano sostituito completamente i normali acciai al carbonio in tutte le applicazioni industriali. Il motivo è che gli acciai inox presentano anche degli aspetti negativi, sotto il profilo ingegneristico. Tra questi: un basso limite di snervamento, una bassa conducibilità termica, maggiori difficoltà nelle lavorazioni meccaniche e una notevole tendenza, per quanto riguarda gli elementi di fissaggio, al grippaggio. Inoltre, va tenuto in considerazione il fattore economico: il cromo e gli altri elementi in lega che vanno a formare la composizione degli acciai inossidabili sono elementi costosi, al punto tale da rendere questa classe di materiali non sostenibile dal punto di vista economico in molte applicazioni industriali.
Di per sé, la varietà degli acciai inox disponibili è molto ampia: una prima classificazione può essere fatta suddividendoli in acciai inox austenitici (come ad esempio i ben noti AISI304 e AISI316), ferritici o martensitici (ad esempio l’AISI430) e duplex. In ciascuna classe, le leghe disponibili sono molte e la scelta va fatta in funzione dei parametri di progetto (limite di snervamento, possibilità di effettuare trattamenti termici, necessità che il materiale sia ferromagnetico, resistenza all’abrasione, conducibilità termica, ecc.).
Nel caso delle attrezzature per vuoto, la classe di acciai inox più utilizzata è senz’altro quella degli acciai austenitici, ovvero quelli comprendenti, come elementi in lega, oltre al cromo, una certa percentuale di nichel, come elemento austenitizzante ed in alcuni casi molibdeno. Questa classe di acciai non è sensibile ai trattamenti termici ed è sostanzialmente amagnetica. Ad esempio, il già citato AISI304, contiene circa il 18% di cromo ed il 10% di nichel. Invece l’AISI316 contiene il 16% di cromo, l’11-13% di nichel e un 2-3% di molibdeno. Di questi acciai esistono anche le varianti a basso tenore di carbonio (AISI304L, AISI316L), che consentono di effettuare le operazioni di saldatura evitando l’impoverimento di cromo libero causato dalla formazione di carburi di cromo alla temperatura critica (fenomeno detto precipitazione dei carburi).
La domanda è, dunque: perché in questa tipologia di attrezzature gli acciai inossidabili sono preferiti ai normali acciai al carbonio? I motivi sono molteplici:
In ultima analisi, la pratica industriale ha insegnato che, nelle applicazioni in vuoto, il maggior costo dell’acciaio inox rispetto all’acciaio al carbonio, è ampiamente compensato dai vantaggi che il suo impiego offre. Per questo motivo, esso è il materiale più utilizzato in questo tipo di attrezzature.