Negli impianti per lavorazioni in alto vuoto vengono raggiunte normalmente pressioni di 10-6/10-8 mbar, vale a dire da un miliardesimo a un centimiliardesimo della pressione atmosferica. Nelle piccole camere UHV presenti nei laboratori di ricerca, il grado di vuoto raggiungibile mediante l’impiego di speciali sistemi di pompaggio può arrivare addirittura a 10-12 mbar, cioè un milione di volte migliore rispetto a quello utilizzato nei normali sistemi industriali. Quante particelle sono presenti, in queste condizioni, in un cm3 di volume, a temperatura ambiente, ovvero -diciamo- 20 °C?
Dunque, consideriamo il cosiddetto volume molare, ovvero il volume occupato da una mole (cioè 6.02x1023) di particelle: nelle condizioni indicate e considerando un gas perfetto - i gas componenti l’aria, nelle condizioni di vuoto di nostro interesse, si comportano più o meno come tali - esso vale un po’ più di 22 litri, ovvero 22x103 cm3. Pertanto, a pressione atmosferica, in un cm3 di volume ci saranno ben 2.7x1019 particelle. Alla (più o meno) minima pressione raggiungibile con attrezzature di alto livello nei nostri laboratori terrestri, in un cm3 di volume saranno presenti ben 2.7x107 particelle, ovvero quasi 30 milioni di particelle di gas!
Nello spazio, le cose vanno un po’ meglio.
Ad esempio, la densità di particelle, nello spazio interno al nostro Sistema Solare, è di circa cinque atomi per cm3. Nello spazio interstellare, interno alla nostra galassia, tale concentrazione scende un solo atomo per cm3, mentre nello spazio intergalattico si stima la presenza di solo 0.01 atomi per cm3 (il che fa comunque 10.000 atomi per metro cubo…).
Il vuoto assoluto è dunque raggiungibile? La risposta è no, in quanto la meccanica quantistica detta il fatto che, anche nello spazio “vuoto”, le inevitabili fluttuazioni di energia presenti determinano l’apparizione e la scomparsa di cosiddette “particelle virtuali”.
Delusi?