Quando un impianto di deposizione industriale in ultra alto vuoto (UHV) raggiunge la propria pressione base, generalmente dell’ordine dei 10-6 mbar (ovvero un miliardesimo della pressione atmosferica), è ancora presente, nell’ambiente di lavoro, una quantità enorme di particelle, più di 26 miliardi per centimetro cubo. Da cosa è composto questo residuo? Generalmente dalle stesse specie gassose che sono normalmente presenti nell’aria: azoto, ossigeno, vapore acqueo e tracce di altre sostanze. L’esatta composizione della miscela presente dipende naturalmente dalle condizioni dell’ambiente nel quale l’impianto si trova, dal tipo e dal grado di pulizia dei substrati da trattare, dal livello di contaminazione delle superfici interne della camera, dal tipo e dall’efficienza dell’impianto di pompaggio e da una serie di altri fattori spesso difficili da controllare. Nel caso fosse necessario, è sempre possibile effettuare una misurazione della composizione utilizzando uno strumento denominato RGA (Residual Gas Analyzer), che non è nient’altro che una spettrometria di massa.
Molti processi industriali di deposizione in vuoto necessitano di un ambiente con una composizione dell’ambiente controllata: nelle camere viene quindi immessa con continuità una certa quantità di gas tecnici ad alta purezza, utilizzando delle valvole a flusso controllato denominate MFC (Mass Flow Controllers). In questo modo, stabilendo un equilibrio tra il flusso entrante e quello uscente, generato dal sistema di pompaggio, si può stabilire una condizione di equilibrio che corrisponde a quella che viene definita “pressione di lavoro” del sistema. Il valore di tale pressione varia a seconda del processo considerato: nella tecnica denominata magnetron sputtering (MS), ad esempio, è dell’ordine dei 10-2 mbar, quindi diecimila volte maggiore rispetto al valore di pressione base citato in precedenza. Possiamo dire quindi che i gas residui presenti, verranno fortemente diluiti dal flusso di gas immesso nella camera, detto anche gas di lavoro: il loro effetto sul processo sarà, pertanto, generalmente trascurabile.
Oltre a ciò, ci sono molte altre applicazioni de i gas tecnici nella tecnica del vuoto: ad esempio, ricerca di fughe, venting in atmosfera controllata, impiego come gas reattivi in processi PVD e CVD, ecc.
Ma quali sono i gas più utilizzati? La lista completa sarebbe molto lunga, pertanto ci limiteremo a quelli più comuni.
La prima categoria che va necessariamente citata è quella dei cosiddetti gas nobili: sono quelli che non danno facilmente reazioni chimiche, si trovano nell’ultima colonna (gruppo) della tavola periodica. Vengono utilizzati per vari motivi: il primo è che sono, appunto, dei gas inerti, che consentono di gestire la pressione in camera senza dare reazioni di alcun tipo con i substrati. Pertanto, vengono impiegati spesso come diluenti, nel caso in cui si debba immettere nell’ambiente di lavoro un'altra specie chimica, in piccole quantità. Un altro motivo per cui si usano i gas nobili, deriva dal fatto che alcuni di essi hanno un potenziale di prima ionizzazione particolarmente basso, ovvero sono in grado di perdere facilmente un elettrone, ionizzandosi. Sono, pertanto, particolarmente apprezzati nel caso in cui sia necessario generare un plasma, come nel caso della tecnica di magnetron sputtering nominata in precedenza.
Il gas nobile più usato nel settore del vuoto è sicuramente l’argon (simbolo chimico Ar, il nome deriva dal termine greco per “pigro”), elemento che risulta essere veramente poco reattivo, facilmente ionizzabile e di costo contenuto. L’Ar è ricavato facilmente mediante distillazione dell’aria liquida, costituendo quasi l’1% in volume dell’aria che respiriamo. Inoltre, è commercialmente disponibile in qualsiasi località del mondo in quanto viene utilizzato in molti processi, che vanno dalla metallurgia alla saldatura, alla tecnica subacquea, alla chirurgia, ecc.
Un altro gas nobile molto usato è l’elio (simbolo chimico He, dal termine greco per “sole”), che è anche il gas più leggero esistente ed il secondo elemento più leggero, dopo l’idrogeno. È un elemento abbondantissimo nell’universo, ma nell’atmosfera terrestre è quasi assente: solo 5 parti per milione. Viene pertanto ricavato principalmente separandolo dal gas naturale, nel quale è presente come conseguenza della sua origine: il decadimento radioattivo naturale di elementi come il torio e l’uranio, che avviene spontaneamente nel sottosuolo. Una curiosità: l’elio, una volta utilizzato e liberato in atmosfera, sfugge facilmente nello spazio, costituendo pertanto una risorsa non rinnovabile. Nella tecnica del vuoto l’elio trova impiego come gas diluente, ed anche come tracciante per la ricerca di perdite, dato che ha la caratteristica di diffondere facilmente e velocemente anche attraverso le fessure più sottili.
La lista prosegue con l’azoto (simbolo chimico N, dal termine greco per “senza vita”), gas che costituisce il 78% dell’aria che respiriamo, nella quale è presente nella sua forma stabile biatomica N2. Si ricava per distillazione dell’aria liquida, è poco costoso e relativamente inerte. È pertanto un gas “tuttofare”, che può essere utilizzato in grandi volumi come diluente in alcuni processi di deposizione (ad es. ALD), ma anche come gas reattivo (ad esempio nello sputtering reattivo del nitruro di titanio) e per eseguire il venting di una camera riducendo la contaminazione delle superfici interne, essendo venduto in forma praticamente anidra.
Il gas successivo è l’ossigeno (simbolo chimico O), un altro gas biatomico presente in quantità abbondanti nell’aria, di cui costituisce più del 20% in volume. Questo gas viene spesso utilizzato, normalmente in piccole concentrazioni, diluito da un gas inerte e sottoforma di plasma, per effettuare la pulizia di substrati, in quanto è in grado di eliminare completamente le eventuali contaminazioni organiche presenti, ossidandole ad acqua ed anidride carbonica. Inoltre, viene utilizzato come gas reattivo in processi PVD e CVD.
L’ultimo gas appartenente al gotha di quelli utilizzati nelle applicazioni in ultra alto vuoto è il metano (formula chimica CH4). Questo composto viene spesso utilizzato come fonte di carbonio nella produzione di rivestimenti DLC (Diamond Like Coatings), che hanno assunto una notevole rilevanza industriale, soprattutto nel mondo degli utensili. A proposito del metano, vale la pena ricordare che si tratta di un composto che può formare miscele esplosive se miscelato con l’aria, per cui è necessario che l’impianto nel quale viene utilizzato sia dotato di un sistema di pompaggio certificato Atex.